lunedì 5 novembre 2012

Enrico De Pedis, Orlandi e Sant'Apollinare

In questo post c'era la polemica tra Alemanno e gli Amor fou, che ho provveduto a spostare nell'altro blog in quanto più pertinente come argomentazione.

Questo post però va aggiornato in quanto sono successe altre cose negli ultimi due anni per la vicenda De Pedis.

Bisogna partire però dal 2007 quando un pentito della Banda della Magliana, Antonio Mancini (detto Accattone), rilasciò dichiarazioni relative al coinvolgimento di De Pedis e di alcuni esponenti vaticani nella vicenda di Emanuela Orlandi, rivelando ai magistrati della Procura di Roma che in carcere, all'epoca della scomparsa della quindicenne «Si diceva che la ragazza era robba nostra (della banda, ndr), l'aveva presa uno dei nostri».


Le dichiarazioni di Mancini sembrano confermate anche da Maurizio Abbatino, collaboratore di giustizia e grande accusatore della Banda che, nel dicembre del 2009, rivelò al procuratore aggiunto titolare dell'inchiesta sulla Magliana alcune confidenze raccolte fra i membri della stessa sul coinvolgimento di De Pedis e dei suoi uomini nel sequestro e nell'uccisione di Emanuela nell'ambito di rapporti intrattenuti da lui con alcuni esponenti del Vaticano.

Altro indizio che collegherebbe De Pedis alla scomparsa venne individuato da alcuni nell'insolita sepoltura di Renatino nella basilica di Sant'Apollinare a Roma, di proprietà dell'Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica e gestita pastoralmente dal Vicariato di Roma, posizionata proprio accanto alla scuola di musica frequentata dalla stessa ragazza. Il presunto collegamento tra la scomparsa della Orlandi e la sepoltura di De Pedis nella basilica di Sant'Apollinare è stato però smentito dagli esiti dell'ispezione effettuata nella tomba di De Pedis. Il 14 maggio 2012, infatti, su disposizione dell'Autorità giudiziaria, si è proceduto all'apertura del sarcofago di marmo contenente la bara di De Pedis e gli accertamenti effettuati hanno permesso di identificare il corpo in essa contenuto con quello di Enrico De Pedis, escludendo la fondatezza di altre ipotesi affacciatesi nel corso del tempo. Anche i vestiti che abbigliavano la salma erano i medesimi della sepoltura, descritti nei verbali dell’epoca. L'ispezione nella tomba di De Pedis ha permesso anche di ritrovare all'interno della cripta, ma in un'altra stanza, circa 200 urne funerarie contenenti resti ossei risalenti a due - tre secoli fà.



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