martedì 8 febbraio 2011

Fiat avrà centri direzionali a Torino negli Usa e in Brasile

La parola centro direzionale non porta mai nulla di buono.
Lo dicevo che la FIOM c'aveva visto giusto, infatti non sono tardate ad arrivare le voci di un trasloco dal Lingotto anche se temporaneamente smentite anche dall'ad Marchionne. Elkann rassicura Chiamparino: «Se possibile uno anche in Asia». La Fim esagera: «È l'esito del clima ostile». Gli unici a non agitarsi sono stati Roberto Cota, il presidente della Regione, di ritorno da Detroit, e il centrodestra. In serata la città ha tirato un sospiro di sollievo, dopo che Sergio Marchionne ha assicurato che non ci sarà spostamento all'estero, «né per l'oggi né per il domani», delle funzioni direzionali e progettuali.
Il presidente di Fiat John Elkann ha promesso al sindaco, Sergio Chiamparino, che tra 10-15 giorni i vertici del Lingotto incontreranno i rappresentanti delle istituzioni locali. «Il mercato è complicatissimo e pieno di incognite. Mi auguro che ci dicano che Torino ha le condizioni per combattere questa battaglia», ha osservato Chiamparino, che aveva definito «inaccettabile» l'ipotesi di un trasferimento del quartiere generale Fiat.
Al sindaco, Elkann ha spiegato che «ci saranno più centri direzionali: a Torino, a Detroit, in Brasile e se possibile in Asia». Le stesse parole le aveva dette Marchionne al direttore della Repubblica, Ezio Mauro, spiegando che «rimarranno vive le quattro lettere del marchio Fiat». Su Torino aveva fatto una battuta: «Se ha dubbi apra la mia finestra e guardi fuori».
Le rassicurazioni hanno chiuso una giornata di ansia, «Marchionne» aveva dichiarato Cota, «mi ha parlato a lungo e soltanto di cose positive, di aggiungere e non di togliere, di portare nuove cose a Torino, in particolare di come rilanciare lo stabilimento di Mirafiori». Il coordinatore regionale del Pdl, Enzo Ghigo è sicuro che «il progetto Fabbrica Italia è chiaro: Torino resta cuore e cervello dell'azienda».
Gli altri commenti sono, invece, più preoccupati. «Marchionne ed Elkann», afferma dice il presidente della Provincia di Torino, Antonio Saitta, hanno sempre detto che il cuore del gruppo resterà qui. Sarebbe una novità».
Anche i candidati alle primarie del Pd per la carica di sindaco di Torino, Piero Fassino, Davide Gariglio e Silvio Viale, chiedono chiarimenti alla Fiat. I timori sono forti anche nel mondo economico: «Se davvero Fiat spostasse la sede negli Usa, sarebbe un colpo troppo duro per il territorio», afferma Fabrizio Cellino, presidente dell'Api, il quale ricorda che le pmi dell'indotto «rappresentano qualcosa come 100 mila occupati e che hanno dato in questi anni molto per il mantenimento e la crescita della Fiat».
La Fim e la Cisl torinesi parlano «di conseguenza di clima ostile», mentre Giorgio Airaudo, responsabile Auto della Fiom, chiede alla classe dirigente italiana «di trovare lo stesso coraggio dei lavoratori di Mirafiori e dire qualche no a Marchionne».
L'unico a buttare acqua sul fuoco è il presidente degli industriali metalmeccanici torinesi (Amma), Vincenzo Ilotte. «Il punto vero non è il rischio di uno spostamento della sede perché già Marchionne passa più tempo negli Usa che in Italia. Lui si è già in parte spostato e non abbiamo nulla da temere. Che la sede sia Torino o Auburn Hills non cambia nulla. Il vero punto è riuscire a fare modelli in Italia che piacciono e si riescono a vendere».

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