giovedì 4 novembre 2010

L'ultimo film fatto d'aria

L'ultimo dominatore dell'aria l'abbiamo cominciato a vedere ieri sera.
Un classico film da stiraggio: da vedere mentre mogliaideale stira.
M. Night Shyamalan è un regista che ha toccato l'apice del successo con "il sesto senso" un cult movie girato quando era ancora un ragazzino. Poi una lenta discesa qualitativa fino ad arrivare a questo film per ragazzi recitato malino.

Il film, stroncato in patria sia dalla critica che dal pubblico, ha ricevuto in Italia recensioni e giudizi di critica migliori, pur non esentandosi del tutto dal riceverne anche di negativi;

Maurizio Acerbi, Il Giornale:
« Lanciamo un appello: evitate che M. Night Shyamalan ci strazi ancora con altri due capitoli di questa annunciata trilogia. Se proprio, affidateli a qualcun altro; perché ci è bastato oltre misura questo primo noiosissimo e sconnesso adattamento della bella serie a cartoon Avatar – La leggenda di Aang, trasmessa su Nickelodeon, per confermare come il regista indiano abbia smarrito da tempo il suo «sesto senso». Certo, non lo aiutano quel 3D riconvertito e l’inesperto (ma incolpevole) protagonista. »


Roberto Nespoti, La Repubblica:
« Trasformando una serie animata in un blockbuster a effetti speciali (e accettando la dittatura del 3D), Shyamalan ha compromesso la fama di regista di culto che si era conquistata a partire dal Il sesto senso: stampa americana e fan della serie lo hanno linciato. Non del tutto a torto. La storia del riluttante eroe-bambino fatica a conciliare le ossessioni del regista con un universo di cartapesta, la spiritualità con i pupazzoni di animali volanti da heroic-fantasy. »


Boris Sollazzo, Liberazione:
« L’ultimo dominatore dell’aria non ha la minima capacità di intrattenimento, ha solo accenni delle grandi capacità di regia del suo autore, che a volte sembra persino distratto e sciatto, non sa dove andare né cosa guardare per almeno tre quarti del film. La ricerca dell’Avatar, i quattro mondi, un’unica slabbrata battaglia campale si rincorrono con compassata indifferenza di chi guarda e tende a dimenticare chi o cosa sia importante nell’economia della storia. A questo va aggiunto un 3D pleonastico e spesso fuori luogo, frutto di una riconversione volta a seguire la moda imperante dell’ultimo anno. Al regista indo-statunitense, se queste sono le premesse, auguriamo che non ci siano altri capitoli e che possa ritrovarsi con una storia delle sue. Sempre che ne abbia ancora, e che il suo non sia un declino irreversibile. »


Maurizio Ciotta, Il Manifesto:
« Shyamalan è passato dai suoi film paranormali, tutti giocati su un progressivo slittamento del reale nell’impossibile, al kolossal su misura del Signori degli anelli. Ma la storia del bambino Aang, l’ultimo superstite della stirpe dei Nomadi dell’aria, Avatar, pura essenza del cosmo, capace di dominare i quattro elementi, è una favola déjà vu, e più che evocare il fumettistico Unbreakable ricorre all’armamentario mistico-integralista di Narnia... Nessun detour emozionale spezza la monotonia delle immagini, sfigurate da un 3D posticcio (la Paramount ha riconvertito il film in post-produzione)... L’ultimo dominatore dell’aria è un disastro produttivo, un innesto non riuscito tra il visionario cacciatore di spettri e i piani milionari degli executives. »


Francesco Alò, Il Messaggero:
« L’ultimo dominatore dell’aria in 3D è l’ultimo fallimento (specie in Usa) di Shyamalan, il ragazzo prodigio che un tempo aveva un Sesto senso per il successo e sembrava indistruttibile (Unbreakable). Non ne imbrocca più una da almeno tre film... Film sano. Unico crimine: il finto 3D. Quasi quasi si vede meglio senza occhiali. Gravissimo. Se si continua così, il pubblico insorgerà. »


Alberto Crespi, L'Unità:
« M. Night Shyamalan ha un grande talento per storie apparentemente «reali» nelle quali si insinua il fantastico. Successi come Il sesto senso, Signs e The Village sono lì a dimostrarlo. Andare brutalmente sul fantasy, e raccontare storielle sui Quattro Regni dell’Acqua, dell’Aria, della Terra e del Fuoco... non gli giova. Sparisce l’inquietudine (e Shyamalan è capace di distillarne a tonnellate) e tutto diventa un clamoroso videogame in 3D. »

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